FLUIDITY MooD #MFW

FLUIDITY MooD #MFW

la Milano Fashion Week si è appena conclusa, dal 19 al 25 febbraio sono state presentate  173 collezioni per l’autunno inverno 2019/2020, per un totale di 60 sfilate, 81 presentazioni e centinaia di eventi legati alla moda sparsi per la città. Guardiamo assieme qualche numero trovato in rete, 2.5 milioni (solo su Instagram) sono i  post taggati #MFW, da qualche anno l’hashtag ufficiale della settimana della moda milanese. Che le sfilate vadano in onda anche sugli schermi di smartphone & co. e non sulle passerelle, del resto, è una verità con cui i brand di moda hanno ormai imparato a fare i conti, tanto che la maggior parte di loro si sono “adeguati” e propongono campagne social mirate. E tra tutti questi eventi, quali sono stati i più “particolari”?  A colpire la mia attenzione 3 catwalk in particolare, ed ognuno di loro per qualcosa di diverso ed a mio avviso, estremamente contemporaneo.

Iniziamo dal tanto atteso Alessandro Michele, la casa di moda italiana Gucci è stata una delle protagoniste di questa settimana, non solo per la super scenografia allestita all’interno del Gucci Hub di Milano, letteralmente tappezzata di lampadine e specchi, ma da una minuziosa ed attenta comunicazione social e non solo, in merito al loro evento. Iniziamo dal mudo in cui Gucci ha inviato l’invito della sfilata, una maschera di Ermafrodito, contenuta in una cassetta di legno, come se fosse un articolo da museo, un segnale forte, che di certo non è rimasto inosservato, la collezione è un inno alla fluidità di genere, con modelli in tacchi alti e donne in blazer. In merito proprio alle maschere di Ermafrodito, sono un riferimento “al mondo antico, dove veniva celebrato l’essere a metà tra due sessi, e le maschere omaggiavano quello che era considerato una benedizione”. (Alessandro Michele). Un altra curiosità davvero particolare è stata la scelta di ispirarsi nella creazione dei gioielli, ad uno scultore Argentino, Eduardo Costa, che  nel 1968 scattò una copertina Vogue facendo indossare alla modella  la sua opera d’arte, la riproduzione dell’orecchio d’oro. Al termine della sfilata, Alessandro Michele sceglie di omaggiare Lagerfeld con un discorso, racconta il tema dell’ inclusività attraverso le maschere, che come Carlo Goldoni ci insegna sono allegorie per parlare di altro. Un messaggio sottile e quasi indecifrabile (spero di aver capito qualcosa) ma allo stesso tempo un codice giovane ed attuale, per una moda che parla sempre più ai giovani, capaci di essere innovatori nel modo di comunicare il proprio stile.

Parliamo di una altro “invito” speciale, dopo la maschera di gucci, Sold out in pochi giorni per la pochette di Etro. La busta-invito, prodotta in limited edition, era in vendita in esclusiva sulla piattaforma e-commerce ed anche utilizzata come invito per tutti coloro che avrebbero assistito alla sfilato, In oltre era possibile personalizzarla la pochette con il proprio nome in rosa o azzurro. Si tratta della prima iniziativa di personalizzazione che Etro dedica ai suoi clienti.  Ma passiamo all’evento, tutto è andato in scena al Conservatorio  G. Verdi di Milano,  lungo il porticato del chiostro quadrato ci sono le panche per gli ospiti, all’interno il backstage, alcune modelle  giovanissime, altre invece che hanno fatto la storia delle passerelle. La direttrice creativa della collezione, Veronica Etro, si è ispirata alla mostra di Etro al MUDEC per i suoi 50 anni, dichiarando di aver visto che tutto ciò che era esposto è atemporale, ridisegnando linee contemporanee ma con uno sguardo al passato. Il messaggio di Etro è voluto andare oltre, infatti sfilano in passerella modelle di età differenti, ci sono le solite giovanissime ma anche donne come Edie Campbell, Jacquetta Wheeler e Farida Khelfa, modelle con cui Veronica ha lavorato sin dai sui esordi e che ha voluto con sé per rafforzare il legame con le sue muse e trasmettere tra magia del mondo Etro. Donne di ogni età, quindi, giovani e meno giovani. Per un messaggio di inclusione che elimini la age discrimination? In realtà oggi la discriminazione per età è meno evidente. Credo che vedere in passerella donne di tutte le età è un racconto di vita  reale, un mondo dove la differenza tra le generazioni è sempre più sottile ed il futuro ci porterà ad essere sempre più aggiornati e forse meno legati al tempo.

La Fashion Week a Milano, così come il Salone del Mobile, ha il grande merito di scoprire intere porzioni di città, si apre una vera e propria caccia di location inedite, di spazi abbandonati con grandi potenzialità, di quartieri che non sono ancora stati investiti dal fenomeno della gentrification. Tra questi ci sono sicuramente i Magazzini Raccordati, scoperti in occasione del FuoriSalone 2017 e oggi trasformati da Moncler Genius in un evento che va ben al di là della moda, e che è anche il momento giusto per annunciare che Moncler ha deciso di farsi promotore della riqualificazione culturale di quest’area . Il progetto è un intreccio di design, scenografia, performance, musica e architettura, con dieci tunnel trasformati in altrettanti set per raccontare le collezioni del progetto Moncler , un nuovo modello di comunicazione che asseconda la diversità del consumatore nell’era digitale, praticamente l’idea è quella di proporre ogni mese una nuova collezione, curata da designer diversi tra loro, il risultato? Una vera e propria esplosione creativa! Per la Milano Fashion Week 2019 ogni tunnel diventa la casa di uno di loro, in un immaginario Moncler Genius Building, scopriamo alcuni “tunnel”:

Da Pierpaolo Piccioli l’architettura è nuda ed essenziale, a fare da quinta a piumini in nylon laqué che richiamano i tessuti africani. 

Per Veronica Leoni e Sergio Zambon la reinterpretazione dei codici di Moncler si racconta in architetture luminose dentro il tunnel, qualcosa che rimanda all’idea del club e in gabbie vetrate in cui ricostruire altri climi e altri ambienti.

Festa hippie degli anni ’70 il tunnel che ospita la collezione di Sandro Mandrino per Moncler Grenoble: un’installazione realizzata in collaborazione con l’artista islandese Hrafnhildur Arnardóttir conosciuta come Shoplifter che, a partire da maggio, sarà esposta alla Biennale di Venezia nel padiglione dell’Islanda. 

Si cambia atmosfera a casa di Simon Rocha, un romantico bosco con sei file di betulle bianche e un pavimento di terra battuta per silhouette voluminose ispirate al campeggio, coperte che si trasformano in cappe e capi signature in tessuto sangallo che incontrano i grandi spazi aperti e creano una nuova uniforme per la natura.

Lo spazio e l’architettura sono fondamentali anche per Craig Green, che ha ideato volumi importanti costituiti da un insieme di moduli leggeri, ripiegabili e richiudibili, creando forme che si restringono e si dilatano presentare in un tunnel che si fa “macchina”, dove i volumi si amplificano e si comprimono.L’evoluzione di un marchio non ha mai fine, è una continua ricerca, non molto tempo fa il concetto di piumino era qualcosa di oversize o attribuito al mondo dei “paninari” oggi le tecnologie tessili si sono evolute ed anche il materiale tecnico è totalmente rinnovato, tutto ciò va oltre lo stile.

Indubbiamente le scelte fatte dalle grandi case di moda sono propedeutiche a fare business, si fa a gara nel prendersi la propria fetta di mercato, credo anche che oggi le persone cercano qualcosa che renda lo stile esclusivo, differente, unico,  attraverso un messaggio profondo si riesce a comunicare completamente con tutti, donando la percezione della completezza e non del semplice vestito. Gucci con le maschere, Etro con il concetto heritage, Monclare con il multi-cultur, mi sono soffermato su questi 3 mondi, non per simpatia o gusto personale, ma per un concetto oggettivo legato a  scelte coraggiose ed inusuali che riescono a trasmettere in pieno la loro identità, messaggi che ogni persona può tradurre in maniera del tutto personale, di sicuro il mondo della moda ha già cambiato le carte in tavola, a favore di una bellezza più autentica.